Piccolo prontuario di grammatica per freelance

Lo confesso: sono una grammar-nazi pentita. Adesso mi considero una grammar lover: mi appassionano i discorsi sulla lingua e sulle etimologie, leggo con sincero interesse le discussioni sul sito dell’Accademia della Crusca e ogni tanto trasalisco (e non trasalgo) ancora quando sento piuttosto che usato con valore disgiuntivo (oppure) piuttosto che avversativo (anziché). Ho pensato di lasciarti un piccolo e disordinatissimo prontuario di grammatica per freelance. Spero che ti sia utile tutte le volte che devi scrivere un testo per il web.

La punteggiatura

Alcune regole base:

  • Non si mette mai la virgola tra soggetto e verbo, nemmeno quando il soggetto è bello lungo (i primissimi anni della mia vita torinese sono stati duri e non i primissimi anni della mia vita torinese, sono stati duri)
  • I puntini sospensivi sono sempre in numero di 3 (…) e si usano per lasciare una frase sospesa, appunto, per preparare a una battuta, per spezzare un discorso. O per lasciare una piccola… suspense. Dopo i puntini, si continua con la minuscola e si lascia uno spazio. A meno che non sia un’altra frase. In quel caso si usa la maiuscola.
  • Tra le parentesi tonde si mette una frase che può essere omessa senza che cambi il senso del discorso.
  • Il trattino lungo (—) introduce e chiude una frase incidentale, mentre il trattino breve (-) si usa per le parole composte (auto-sabotaggio) o per il discorso diretto.

Gli accenti

I monosillabi non vogliono l’accento, a meno che non si possano confondere con parole omografe, cioè che si scrivono allo stesso modo ma che hanno una funzione grammaticale diversa. Alcuni esempi:

  • qui, qua, sto, sta non hanno accento
  • e sono avverbi, mentre li e la sono articoli determinativi
  • è terza persona dell’indicativo del verbo dare, da è preposizione semplice
  • do è sia prima persona dell’indicativo del verbo dare (sì, si scrive senza accento), sia la nota musicale.

Perché, affinché, giacché, , hanno l’accento acuto (che è un segno fonetico e indica una vocale chiusa).

L’apostrofo non è un accento e l’accento non è un apostrofo. Le vocali accentate maiuscole hanno l’accento, non l’apostrofo (È e non E’), mentre po’ ha l’apostrofo e non l’accento.

I prestiti (espressioni inglesi & co.)

“Il prestito (o forestierismo) è una parola, una locuzione o una costruzione sintattica di una lingua straniera che entra nel lessico di un’altra lingua”, ci dice treccani.it. in pratica sono tutte quelle espressioni, soprattutto anglofone, che usiamo tutti i giorni. I prestiti hanno una forma fissa, sono invariabili. Cioè non hanno il plurale. Questo vuol dire che hai mille follower, non mille followers o che stai preparando le slide per il corso, non le slides. A meno che la forma non sia entrata già al plurale nell’uso parlato, come per skills, props, tips, trattieniti la prossima volta che userai un forestierismo. Inoltre sarebbe buona norma non abusare dei prestiti linguistici, non tanto per una questione di sciovinismo linguistico quanto perché il prestito ha una funzione precisa: va a colmare una carenza o introduce un’espressione idiomatica intraducibile. Quando esiste l’equivalente in italiano, usiamolo.

Osservazioni disordinate

  • Lo faccio da quando sono piccola. Forse vuoi dire da quando ero piccola. Ti sei accorta di essere cresciuta, sì?
  • Le donne sono incinte. Lo so, è sconvolgente ma incinta è un aggettivo, non un avverbio. Benché non abbia il maschile, concorda in numero con il sostantivo a cui si riferisce (mai più donne incinta, per carità!)
  • La d eufonica si dovrebbe usare solo quando si incontrano due vocali uguali (ad arrivare, ed essere). Ci sono alcune eccezioni, come ad esempio, che è un’espressione fissa. Diciamo che è bene non abusare della d eufonica. E per favore, mai usarla davanti alle forme del verbo avere che iniziano con h (ed hanno è la morte).
  • Usa il latino solo se l’hai studiato o se sai usarlo bene. Ho letto cose come abemus in luogo di habemus e ad Ok al posto di ad hoc (lo giuro! E per poco non mi son cascati gli occhi).

Nel dubbio, chiedi a Google

Se il tuo programma di videoscrittura evidenzia una parola con un segno rosso o se ti viene un dubbio, non lasciar perdere. Chiedi a Google. Ci sono online dei siti molto validi, come Treccani e l’Accademia della Crusca, che ho citato più sopra. È sempre utile avere in casa un manuale di grammatica, ché non puoi mai sapere in quale inopportuno momento potrebbe assalirti un dubbio. Se l’argomento ti interessa (ti interessa, vero?), ti consiglio due risorse:

  • Il podcast La linguacciuta di Ilenia Zodiaco. Una riflessione sulla lingua e sulle lingue. Curiosità, espressioni idiomatiche, intraducibilità. Tutto con un tono leggero e appassionante. Mi è piaciuto un sacco.
  • Il libro Potere alle parole di Vera Gheno. Non è un libro di grammatica ante litteram. Affronta, da un punto di vista sociologico, il tema di come si è evoluta e continua a evolversi la lingua. Tanti esempi e anche regole di grammatica, sì, ma il discorso è molto più ampio e vola verso il futuro. Mi ha incantato.

Tra il refuso e l’errore è una questione di cura

A cosa dobbiamo dare la priorità quando scriviamo per lavoro? All’utilità dei contenuti e alla chiarezza. Poi magari ci preoccupiamo pure di curare l’aspetto formale per migliorare la user experience di chi quei contenuti li leggerà. Ma ‘na ripassata alla grammatica non guasta. Perché il refuso scappa, soprattutto quando vai di fretta e hai un milione di cose da fare; e vabbè. Ma un refuso lo riconosci: è un aggettivo che non concorda nel genere con il sostantivo a cui si accompagna (forse hai cambiato una parola all’ultimo momento e ti sei dimenticata di sistemare le concordanze), una preposizione di troppo lasciata in mezzo alla frase, un dovremmo scritto al posto di dovremo. Insomma, il refuso è una distrazione, una disattenzione che è facile perdonare. Ma l’errore lo vedi proprio: sta lì a testimoniare una mancanza di cura. E quella è più difficile da perdonare. Perché se scrivo  o quì, un qualunque programma di videoscrittura mi segna in rosso l’errore. E se tu non perdi nemmeno cinque secondi del tuo tempo per dare un’occhiata a quel segno rosso e capire di che si tratta, come posso fidarmi di te e pensare che nel lavorare con me saresti più scrupolosa?

Che ne pensi di questo argomento? Forse ritieni la mia posizione troppo rigida? Mi farebbe proprio piacere conoscere la tua opinione. E se questo post ti è stato utile, ti sarei davvero grata se lo condividessi sui social.
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