Storia della mia educazione sentimentale

La mia educazione sentimentale fino a prima dei trent’anni

Fino ai trent’anni sono stata una ragazza ombrosa, imbronciata, dall’aria tormentata. Mi illudevo che mostrarmi nel mondo con quel piglio bohémien mi rendesse interessante agli occhi degli altri. Anche dell’amore avevo una concezione romantica ante litteram: l’amore deve far soffrire, deve creare uno sturm und drang emotivo, deve strappare le viscere. Ero giovane, e se ci ripenso oggi, quell’eccesso di tenebrosità mi intenerisce e mi fa sorridere. Il dato interessante è che incontravo uomini che rispondevano al mio profilo di spaccacuori senza pietà. Uomini che mi volevano, anzi no, mi lasciavano andare, poi mi rivolevano, in un tira e molla continuo e logorante. A dirla tutta, io avevo buona parte di responsabilità in questa dinamica relazionale: facevo la spavalda, ostentavo disinteresse e un’aria di sufficienza. Andavo nel mondo con un fumetto immaginario che dichiarava “Ho soltanto un conto in sospeso ed è con le mie viscere. Per questo fatti avanti oppure spostati. Lasciami passare“. Non c’è da meravigliarsi se le mie storie finivano in modo tragico (e talvolta persino tragicomico).

Il periodo della maturità

Intorno ai trent’anni qualcosa è cambiato. Avevo iniziato a stufarmi degli amori impossibili e desideravo vivere un rapporto di coppia equilibrato, vero, profondo. Con la mia psicologa abbiamo ragionato a lungo sul mio atteggiamento e sulla necessità di mostrare la mia vulnerabilità, senza scudi né orpelli di alcun tipo. Proprio in questo processo di elaborazione e di nuove possibilità ho conosciuto Giovanni. Secondo la mia psicologa, il fatto che l’uomo che ho incontrato nella fase di ammorbidimento dei miei meccanismi di autodifesa avesse il mio stesso nome era fortemente simbolico. Quando abbiamo iniziato a frequentarci, il mio omonimo ha messo in atto un comportamento subdolo, che mi creava grandi insicurezze. Mi faceva notare tutte le mie imperfezioni: non ero bella nel modo giusto, avevo i fianchi troppo larghi, parlavo talmente poco che non era il caso di invitarmi alle feste. Con Giovanni ho sperimentato davvero cosa significa essere vulnerabile. Era come uno specchio che mi rimandava di me un’immagine in cui non mi riconoscevo. Quella non ero io, quella non volevo essere io. Quando ci siamo mollati, è stata una liberazione: ho ripreso a respirare e ho promesso a me stessa che mai più avrei permesso a un uomo di trattarmi in quel modo.

L’amore e le promesse che ci facciamo

È raro che veniamo meno alle promesse che ci facciamo. Sono patti solenni che stringiamo con la nostra parte più vera. Giovanni per me è stato uno spartiacque. Dopo di lui ho incontrato uomini gentili e amorevoli, con uno dei quali ho avuto una relazione bella, fatta di rispetto e tante risate. Anche se non stiamo più insieme, è diventato parte della mia famiglia d’elezione ed è una persona importantissima nella mia vita. Quando la nostra relazione si è esaurita, in modo molto naturale, ho fatto a me stessa un’altra promessa: non mi sarei accontentata di un uomo “così così”, solo per non restare sola. La solitudine non mi ha mai spaventato. Ero pronta a vivere una vita piena anche senza avere un compagno al mio fianco. Credo di aver incontrato Paolo proprio perché non lo stavo cercando. Non cercavo un uomo che mi salvasse o che mi proteggesse. Volevo una persona con cui condividere i miei valori e una visione comune della vita. Volevo una persona che non mi chiedesse di cambiare, che fosse grata di avermi nella sua vita. Miravo in alto, non mi sarei accontentata di nulla di meno. A volte penso di avere anche esagerato. Ho sposato l’ultimo dei romantici. Quando Paolo mi guarda in estasi e mi dice “Giovanna, sei meravigliosa!”, io mi ritraggo un po’. So che lui è così: è una persona trasparente, leale, diretta, semplice, bellissima. E questo ancora oggi ha la capacità di spiazzarmi.

Una storia in continuo divenire

La mia storia non finisce con un happy ending ma solo perché non si è conclusa. Le relazioni sono organismi dinamici, che si evolvono per loro stessa natura. Non do per scontato che Paolo e io staremo insieme per sempre. Come individui separati, siamo soggetti a una crescita che non è detto ci porti nella stessa direzione. Potremmo ritrovarci in punti diversi all’interno della coppia e dovremo saper dosare pazienza e voglia di incontrarci. Ho imparato a impegnarmi ogni giorno, a dire grazie per tutto ciò che arriva dall’altra persona. E a non dimenticare mai di chiedermi chi sono io e cosa voglio. Se esiste un “segreto” per un rapporto di coppia equilibrato e felice, credo che sia continuare a coltivare i propri sogni e a mantenere viva la propria individualità. Qualunque tipo di relazione a due è fatto di compromessi e mediazioni, è inevitabile. Tuttavia, annullarsi nel rapporto di coppia, credere che sia esso stesso fonte di felicità è, secondo la mia esperienza, un tranello pericoloso. Definire, mantenere e difendere i propri confini all’interno di una relazione a due è ancor più importante di fare esperienze condivise.

Il rapporto di coppia secondo me

Il rapporto di coppia è un luogo che dovrebbe potenziare e amplificare le personalità del singolo, come un caleidoscopio che rifrange la luce in forme colorate e affascinanti. Un partner, o una partner, che possa definirsi tale non ti chiederà di essere diversa da come sei, non pretenderà che tu faccia delle rinunce, non ti metterà di fronte a degli aut-aut. La relazione di coppia deve renderti una persona migliore di quella che sei e non trasformarsi in un incontro di due solitudini che decidono di farsi compagnia. Deve incentivare i tuoi desideri, contribuire a realizzarli, deve essere un luogo sicuro, privo di giudizio, in cui essere a tuo agio in qualunque situazione. Se il tuo rapporto di coppia non possiede queste caratteristiche o si è perso da qualche parte del percorso, fai subito qualcosa. Non accontentarti e non aver paura di compiere un’azione coraggiosa, qualunque essa sia.

Lavorare su amore e rapporto di coppia

Il mio cambiamento nel concepire l’amore e il rapporto di coppia è stato graduale. Molto ha fatto l’esperienza, che mi ha reso meno ingenua e più consapevole. Ma è anche vero che ho fatto un lavoro su me stessa che è durato anni. Mi ricordo ancora quando mi mostravo sprezzante dell’altro solo perché avevo paura di non meritare l’amore. O quando mi dicevo di non aver bisogno di nessuno perché ero convinta di non potermi concedere di essere vulnerabile. Che concezione hai tu dell’amore? Pensi di dovertelo guadagnare? Credi di dover cambiare qualcosa di te per piacere agli altri? Quanto ti impegni a piacere innanzi tutto a te stessa?

Sono tante domande, lo so. Ma se ti fa piacere, parliamone: fissa la tua call gratuita. Non vedo l’ora di conoscere la tua storia.

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