Hai provato a cambiare prospettiva su di te?

Quando cambi il modo di guardare le cose, le cose che guardi cambiano (Wayne Dyer).

Ti è mai capitato di dire a te stessa: “sono fatta così, non posso farci nulla”? È un’affermazione dall’apparenza innocua ma sottende un atteggiamento passivo, di sconfitta. Certo, è innegabile: ciascuno di noi ha una propria personalità unica, con le proprie peculiarità. Ma la percezione di sé è qualcosa che si costruisce su una serie di convinzioni. Dire “sono fatta così” equivale a percepirsi immutabili, nega la possibilità del cambiamento. È un’affermazione rassegnata: ti stai raccontando che per te non c’è speranza.

La nostra visione del mondo — e, di conseguenza, anche di noi stesse — è condizionata dall’ambiente in cui ci siamo mosse e dalle esperienze che, di quel mondo, abbiamo fatto. La prospettiva con cui ci approcciamo agli eventi della nostra storia personale determina anche le azioni che scegliamo di intraprendere e le decisioni che prendiamo.

Qual è la tua narrativa personale?

Ogni volta che ci capita qualcosa, qualunque cosa, per decifrarla e incasellarla nel nostro sistema di pensieri e di valori, usiamo una sorta di vademecum personale e soggettivo. Decidiamo, ad esempio, che quella situazione è positiva o negativa per la nostra vita. Soprattutto, decidiamo come raccontarcela. Se partiamo dall’assunto che, di per sé, ogni accadimento è neutro, è la nostra interpretazione che ne fa un elemento da ricordare o dimenticare, uno strumento utile o un orpello. In generale, dividiamo il mondo in due categorie antitetiche: giusto e sbagliato, bello e brutto, buono e cattivo. Sono macrocategorie con cui leggiamo la realtà e che ci servono per stabilire i nostri valori e orientarci in un mondo che, altrimenti, sarebbe difficile da decifrare. Tuttavia, in questa divisione manichea, finiscono per perdersi le sfumature. Diamo giudizi affrettati, basati su ciò che abbiamo scritto nel nostro vademecum, e così continuiamo a raccontarci la stessa storia di noi. Se, ad esempio, pensiamo di essere sfortunate, che non ce na va mai bene una, ogni altro evento sarà integrato nella nostra visione per confermare la nostra narrativa personale.

Ti guardi da una prospettiva di vittoria o di sconfitta?

Visto che funzioniamo assumendo una prospettiva bidimensionale, basandoci su macrocategorie di opposti, puoi provare a stabilire se la lente attraverso cui guardi la tua vita è tarata sulla vittoria o sulla sconfitta. Ecco le domande che puoi farti:

  • Quando ti capita qualcosa di bello, qual è la tua reazione? Riesci a godertelo, almeno finché dura? Stai in guardia e ti aspetti la fregatura da un momento all’altro?
  • Quando ti capita qualcosa di spiacevole o quando c’è qualcosa che va storto, qual è il tuo primo pensiero? Quali sono le emozioni che emergono all’istante? Tendi a colpevolizzarti? La tua vocina stronza ti dice che te lo sei meritato e/o che non vali niente?
  • Quando qualcosa a cui tenevi tanto non si realizza, ti senti scoraggiata? Ti arrabbi? Perdi la speranza?
  • Supponiamo che tu faccia un errore. Cosa dici a te stessa: che la prossima volta andrà meglio o che sei un’incapace?
  • Quando hai un obiettivo sfidante, che ti sta a cuore, pensi a priori di non riuscire a raggiungerlo o hai fiducia nelle tue capacità?

In base alle tue risposte, ti sarà facile individuare la tua tendenza di fondo. Ora che sei consapevole della tua narrativa personale, cosa puoi fare?

E se tu provassi a raccontarti un’altra storia?

Non è facile cambiare la propria prospettiva. Diciamola tutta: se per una vita intera hai consolidato una serie di convinzioni limitanti su di te, non è verosimile che tu possa smantellarle da un giorno all’altro. Però puoi iniziare in modo graduale a cambiare la tua narrativa personale. Come? Ci sono tantissimi modi. Io te ne suggerisco 2, molto diversi l’uno dall’altro:

  1. Introduci piccoli cambiamenti nella tua routine quotidiana. Spesso l’immagine granitica che abbiamo di noi si è costruita sul senso di immutabilità rispetto al nostro modo di essere. Se facciamo sempre le stesse cose, ci convinciamo di non poter fare altro che quello. Confuta questa convinzione! Fai una lista di piccoli cambiamenti positivi che vorresti introdurre nelle tue giornate. Magari mangiare più frutta e verdura, iniziare a meditare, camminare mezz’ora al giorno. Poi stila un piano d’azione e metti in pratica i cambiamenti. Dimostra a te stessa che le tue abitudini non sono “scritte nella pietra” e che sei in grado di cambiarle. Un’unica raccomandazione: non esagerare. Scegli uno o, al massimo, due cambiamenti. Altrimenti non riuscirai a essere costante e rinforzerai la tua convinzione, anziché scardinarla.
  2. Sii la biografa di te stessa. Spesso non siamo in grado di cambiare la storia che ci raccontiamo perché la nostra prospettiva non è abbastanza ampia, siamo troppo dentro la trama che vogliamo raccontare, partecipiamo emotivamente di ciò che ci capita e non riusciamo ad avere il distacco che ci aiuterebbe a guardare gli eventi da un altro punto di vista. Ma se tu fossi semplicemente una persona informata dei fatti che deve scrivere la tua biografia, come racconteresti la tua vita? Cosa metteresti in evidenza? Al narratore esterno non viene chiesta obiettività, quindi è risaputo che darà la sua versione degli eventi. Pensaci: anche se dovessi raccontare la tua storia a qualcun altro sceglieresti la prospettiva della sconfitta, della sfortuna, dell’immutabilità?
Quale storia continui a raccontarti? Scrivilo nei commenti oppure contattami in privato. E se hai bisogno di una mano per diventare la protagonista della tua storia, il percorso di narrazione autobiografica Contengo moltitudini potrebbe essere perfetto per te. Scrivimi per fissare la tua call conoscitiva. Ti aspetto!
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