Usare i 5 sensi per raccontare: dritte ed esercizi

L’avrai sentito fino alla noia: lo storytelling è basato sui testi emozionali, quelli che ti fanno entrare in connessione con chi legge i tuoi post, le tue caption sui social network, le tue newsletter, le tue sales page… Per coinvolgere il pubblico dovresti riuscire a trasportarlo nelle storie che racconti, come se le persone che leggono fossero lì con te. La tecnica più immediata per farlo è usare i 5 sensi per ricreare, in modo il più possibile dettagliato, una scena che hai in testa e che quasi certamente è un luogo fisico, di cui chi legge può figurarsi la propria esperienza sensoriale.

Ma come si usano i sensi per raccontare un momento preciso all’interno di una storia? Sembra più difficile di quello che è. Se ti va di fare un po’ di pratica ti lascio, per ciascuno dei 5 sensi, considerazioni, consigli tecnici e un esercizio.

Come raccontare con la vista

La vista è forse il più semplice dei 5 sensi perché è quello che usiamo di più. Ma è proprio questa familiarità il nostro peggiore nemico, perché tende a trasformarsi in abitudine. Se dobbiamo descrivere un ambiente, il nostro sguardo cadrà sulle solite cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. E quando dovremo scegliere le parole, ci accontenteremo: dei primi aggettivi che ci vengono in mente o dei sostantivi generici. E così la nostra storia assumerà colori sbiaditi e un po’ prevedibili e la nostra scena saprà di stantio. Quando non sfruttiamo la potenza descrittiva della vista stiamo sprecando l’occasione di portare chi ci legge nel nostro universo e guidarlo a posare lo sguardo sui dettagli che ci interessano di più. Nel mio studio, sulla scrivania verde di modernariato c’è un ingombrante computer, il cui schermo misura svariati pollici (forse 27, ma dovrei controllare). Cosa spunta da sotto la tastiera argento con i tasti un po’ anneriti dall’uso? È un quaderno A5 con la copertina di cartone nero, decorata con un collage dal gusto retrò. Cosa raffigura il collage? Cosa c’è nel quaderno? E quanto è più interessante quel quaderno del solito computer, che pure è un elemento essenziale del mio lavoro?

Un esercizio per allenare la vista

Osserva la parete di fronte a te. Sì, proprio quella che hai davanti da anni. Fai una lista di 20 dettagli che colpiscono la tua attenzione. Puoi spaziare dal colore, alle forme degli oggetti. Ci sono quadri appesi? Ci sono macchie? Buchi? Crepe? Che forma e dimensioni hanno? Sii specifica. Poi scegli uno di questi dettagli e usalo per descrivere la stanza partendo da quell’elemento inusuale. Ti sarà utilissimo per assumere un punto di vista che darà una luce nuova a qualcosa di noto. Rompiamo l’abitudine, insomma.

Un consiglio tecnico

Anziché descrivere gli oggetti o i fenomeni in modo diretto, prova a farlo in modo indiretto. Cioè, anziché dire che è pieno giorno, prova a descrivere in che modo i raggi del sole filtrano attraverso i vetri della finestra e seguili mentre si posano sulle cose.

Come raccontare con il gusto

Se la vista è il senso più semplice da rendere, il gusto è forse quello più difficile e, proprio per questo, quello che può dare più soddisfazioni. La difficoltà del gusto sta nel fatto che è una delle esperienze sensoriali più soggettive. Certo, tutte noi conosciamo cosa si prova ad addentare una mela. Ma come si descrive la croccantezza? Come si rende il sapore dolce e, al tempo stesso, un po’ acidulo? Spesso il gusto è associato a dei ricordi specifici, che hanno poco a che vedere con il gusto in sé e ci portano, senza volere, a divagare.

Un esercizio per allenare il gusto

Prova a descrivere il primo caffè — o tè, se come me non bevi caffè — della giornata. Che sapore ha? È diverso dal caffè di metà mattina? Che tipo di esperienza sensoriale è? Addentrati nei dettagli fisici e alternali alle sensazioni mentali. Abbiamo detto che il gusto è un’esperienza soggettiva: porta chi legge nel modo in cui tu vivi l’esperienza di bere il caffè.

Un consiglio tecnico

Prova ad associare al gusto sostantivi o aggettivi che si riferiscono normalmente ad altri sensi. Un sapore può essere brillante, sfaccettato, armonioso, lucido, tintinnante? Può dissolversi come le ultime luci del sole al tramonto? L’effetto sorpresa è assicurato!

Come raccontare con il tatto

Tocchiamo in continuazione oggetti, superfici, persone. Persino l’aria è “palpabile”. Questo significa che del tatto abbiamo un’esperienza diretta continua che è abbastanza semplice da trasmettere quando raccontiamo una storia. Il focus dovrebbe sempre essere la sensazione fisica che creano una determinata superficie o un certo fenomeno.

Un esercizio per allenare il tatto

Sei seduta sulla sedia del tuo studio o della cucina. Descrivi quello che provi. Come sta il tuo corpo? Quale posizione assume? Il materiale su cui poggiano le tue gambe è soffice oppure gratta? Com’è, invece, stare seduta sulla tua poltrona preferita? Qual è la sensazione corporea che provi? In che modo è diversa da quella della sedia?

Un consiglio tecnico

Di solito associamo il tatto alle mani. In realtà, però, possiamo sperimentare il senso del tatto con tutto il corpo. Non solo. Il tatto riguarda anche la sensazione che ci provocano i diversi materiali e il modo in cui il nostro corpo interagisce con essi. Quando racconti una storia basandoti sul tatto, cerca di andare oltre l’impatto puramente fisico: puoi scendere in profondità e descrivere la tua esperienza soggettiva di elementi inafferrabili come la temperatura o l’umidità dell’aria, o il piacere che ti provocano certe consistenze.

Come raccontare con l’olfatto

Come il gusto, anche l’olfatto è strettamente legato alla memoria sensoriale. Cosa che può essere molto utile quando, entrando in una stanza, un odore forte (la naftalina?) ti riporta, per esempio, all’armadio della casa di tua nonna. Da questo dettaglio può partire il racconto di un ricordo di bambina che, in qualche modo, è legato al lavoro che fai oggi. Una connessione semplice, naturale e molto, molto suggestiva. Allo stesso modo, gli odori possono riportare alla memoria anche ricordi legati a episodi tristi. Ecco che non potrai più sentire l’odore di aglio orsino senza ripensare all’ultima estate che hai passato in campagna prima di trasferirti in una città piena di motori (e odore di gas di scarico).

Un esercizio per allenare l’olfatto

Vai in un luogo che conosci molto bene: un parco cittadino, la tua erboristeria del cuore, la libreria di quartiere. Poi fai una lista di tutti gli odori che per te contraddistinguono quel luogo. Anche in questo caso, sii specifica. Se nel parco ci sono le rose, il loro profumo è dolce, pungente, penetrante? Se la libreria vende libri usati, il loro odore sarà acre, ammuffito, legnoso?

Un consiglio tecnico

I profumi e, in generale, gli odori sono “ingombranti”: persistono a lungo e di solito sono molto riconoscibili. Quando descrivi una scena, non eccedere con troppi stimoli olfattivi, bastano pochi tocchi a dare un’idea piuttosto precisa.

Come raccontare con l’udito

I suoni, i rumori, le musiche sono un modo molto diretto per creare un’atmosfera, anche emotiva. Il cinguettio degli uccellini ci predispone in un mood decisamente diverso rispetto al martello pneumatico dei lavori stradali. Come sarà risvegliarsi avendo in sottofondo un suono piuttosto che un altro? In apparenza l’azione è la stessa ma il suono che ci accompagna fa già presagire come sarà il nostro umore.

Un esercizio per allenare l’udito

Tieni un taccuino a portata di mano durante tutta la tua giornata, sia se esci, sia se resti a casa. Presta attenzione a tutti i suoni che ascolti, e tienine traccia. La tua caffettiera sbuffa o sibila? Magari ne usi una elettrica che emette un bip? Che tipo di bip, acuto o vivace? Il cane del vicino abbaia o uggiola? La porta del bagno cigola, scricchiola, sbatte? Notare i suoni serve, da un lato, ad arricchire il vocabolario per non usare sempre le solite quattro parole in croce, e dall’altro per renderti conto che il silenzio è molto meno “silenzioso” di quello che sembra.

Un consiglio tecnico

Hai mai provato a usare l’onomatopea per catturare un suono? Quando non sai come definire un suono che non conosci, puoi provare a renderlo con una parola onomatopeica, ossia una parola che cerca di riprodurne il rumore che fa. Per esempio, la goccia che fa plop cadendo nel lavandino o lo sbam della porta che ti si chiude giusto in faccia. Occhio solo a non abusarne, se non vuoi incorrere in un effetto grottesco o stucchevole.

Quando raccontiamo una storia, di solito basiamo le nostre descrizioni su un mix dei cinque sensi. Se siamo più forti con un senso, possiamo basarci su quello ma possiamo anche inserire dei dettagli sensoriali diversi per rendere ancora più vivida la scena in cui vogliamo accogliere chi legge. Ognuno degli esercizi che ti ho proposto ha un obiettivo che viene prima di qualunque tecnica ed è anche l’ultimo consiglio che voglio darti. Presta attenzione a tutto ciò che ti circonda. Se osservi bene — e ascolti e annusi e tocchi e assaggi — la tua realtà è piena di storie che aspettano di essere raccontate. Vai e stànale!

Hai ancora qualche minuto? Potrebbe interessarti sapere come applicare la tecnica dello show, don’t tell al racconto di business.
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