Fare journaling anche quando stai bene: perché scrivere non è solo per i momenti difficili

Durante il primo incontro di gruppo del percorso Una stanza tutta per me, è emerso un tema che non mi sarei aspettata: faccio journaling solo quando sono triste o confusa, quando sto bene non mi viene in mente di farlo.

Sono sincera: non mi ero mai posta il problema perché per me il journaling è un’attività quotidiana, completamente indipendente dal mio umore. E invece, confrontandomi con le partecipanti al percorso, ho scoperto che sono in tante a “soffrire” di questa tendenza.

In questo post approfondiamo insieme i motivi che ci portano a considerare il journaling una pratica per i momenti bui e scopriamo come trasformarlo in una pratica (anche) di benessere.

In principio era il diario-sfogatoio

Diciamolo: a inguaiarci è stato Leopardi, che abbiamo sempre immaginato chino e gobbo sul suo diario a enumerare le pene dell’animo umano. Poi è arrivata la scrittura terapeutica, che ci ha suggerito che tenere un diario fosse un modo per curare alcune ferite interiori.

Per come la vedo io, il momento decisivo nella vita di ciascuna di noi è stato l’adolescenza. Se da ragazzina hai avuto un diario segreto, probabilmente l’hai usato come sfogo della tua infelicità e dei tuoi mille tormenti — da adolescenti siamo state tutte, a modo nostro, un po’ melodrammatiche. E così, anche da adulte, conserviamo l’idea che il diario serva solo nei momenti “no”. Una funzione importante, certo, ma al tempo stesso limitante.

Il diario come pronto soccorso emotivo

Il diario-sfogatoio è lo spazio riservato ai giorni storti, alle esperienze deludenti. Scriviamo pagine piene di rabbia, lunghe lettere che non invieremo mai, conversazioni con noi stesse in cui cerchiamo chiarezza.

Quando la testa è piena di pensieri aggrovigliati, quando le emozioni sembrano sovrastarci, scrivere ci aiuta a fare ordine, a dare un nome a ciò che ci agita. Nelle fasi di smarrimento il diario ci consente di mettere una distanza tra noi e le nostre emozioni in tumulto, ci offre uno spazio sicuro e senza giudizio per lasciar andare quello che è troppo “pesante” e provare a trovare un senso.

Passare dal diario al journal: dare voce alla normalità

E se provassimo a cambiare prospettiva? A passare dalla parola diario al termine journal?

Fare journaling include il diario come sfogo. Ma è molto di più. Nel journal riportiamo quello che ci succede nelle nostre giornate che, all’apparenza, sono tutte uguali. È il luogo dove accogliamo la gioia, la gratitudine, le soddisfazioni. E anche tutto quello che, secondo il nostro giudizio sempre troppo esigente e impietoso, “non è niente di speciale”. Fare journaling ci consente di allenare il nostro sguardo e il nostro orecchio, di ricordare eventi minuscoli, di normalizzare la normalità. Perché scrivere serve anche a coltivare la consapevolezza, la creatività, le moltitudini di cui siamo fatte.

Trasforma il journaling in uno spazio da abitare anche quando stai bene

Nella mia visione il journaling è una stanza tutta per sé. È un luogo da abitare ogni giorno, anche quando va tutto bene, perfino quando siamo felici.

Quando stiamo bene, scrivere ci ricorda quali sono le nostre risorse interiori, ci fa vivere con più leggerezza, ci induce a prenderci meno sul serio. E diventa un archivio di ricordi belli che altrimenti finiremmo per dimenticare.

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Come integrare il journaling nella routine quotidiana, anche quando stai bene

Se non stai vivendo un conflitto interiore e non ti viene naturale fare journaling, prova con uno di questi suggerimenti:

  • Scrivi una cartolina a te stessa. Racconta un piccolo avvenimento che ti ha fatto stare bene: un messaggio ricevuto, una passeggiata, una gentilezza inaspettata.
  • Tieni traccia delle cose che “funzionano”. Chiediti: cosa ha funzionato oggi? Quale gesto mi ha fatto sentire allineata? Quale abitudine mi ha nutrito?
  • Scrivi alla te stessa del passato. Alla te del diario-sfogatoio. Raccontale che stai bene, che hai superato il momento critico, che oggi respiri e non ti manca nulla. È un modo per celebrare un piccola vittoria ma anche per chiudere un cerchio.
  • Fai journaling “in diretta”. Prenditi 5 minuti, proprio mentre stai vivendo un momento felice. Scrivi una frase, una parola che fermi quell’attimo. Scrivere durante è diverso da scrivere dopo.
  • Disegna la tua mappa della felicità. Quali sono i luoghi, i suoni, le parole che ti fanno stare bene? Non deve essere precisa: puoi farla a mano, con ritagli, colori, simboli. Una mappa da tenere nel tuo journal e da aggiornare nel tempo.

Bonus: sperimenta esercizi creativi, disegna, incolla immagini, gioca con i colori. Lascia che il journaling diventi un appuntamento piacevole e leggero.

Il journaling non è solo per i giorni difficili. È una stanza tutta per te, dove puoi entrare ogni volta che vuoi o che ne senti il bisogno. Una stanza in cui esercitare la tua voce unica e con mille sfumature.

Se vuoi esplorare il journaling in modo creativo e condividere il percorso con un gruppo accogliente, iscriviti alla lista d’attesa di Una stanza tutta per me. Il prossimo gruppo parte in autunno. Ti aspettiamo!

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