Embrace: la terza via per superare il dualismo tra rassegnazione e accettazione

“Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza”.

È la celebre preghiera della serenità, scritta dal teologo protestante Reinhold Niebuhr e diventata famosa grazie agli alcolisti anonimi – e in seguito adottata anche da altri gruppi di supporto e auto-aiuto basati sul programma dei 12 passi – che la recitano in apertura delle loro riunioni.

Che effetto ti fa? Io l’ho considerata per molto tempo respingente. Innanzi tutto perché mi sembrava la richiesta di una grazia a una divinità superiore, che scaricava così dalla responsabilità personale del singolo. Ma soprattutto perché l’ho sempre considerata la preghiera della rassegnazione. Non mi riconoscevo nell’imperturbabilità d’animo di chi non combatte per ciò in cui crede e si accontenta di avere quel che passa il convento, senza sforzarsi più di tanto per cambiare le cose.

Eppure, nella preghiera non si parla mai di rassegnazione. Si parla invece di accettazione, che è una faccenda ben diversa. Nel mio sistema valoriale i due termini erano sovrapponibili e intercambiabili. Per me le persone che accettano sono quelle che gettano la spugna, che smettono di lottare per ciò in cui credono. E io che volevo cambiare il mondo partendo dalla mia vita, io che sono sempre stata allergica alle imposizioni e ai dinieghi, proprio non potevo accettare l’accettazione.

Ma rassegnazione e accettazione sono concetti molto diversi?

Rassegnazione

Rassegnarsi è restare immobili di fronte alle situazioni, considerarle immutabili, ostili, avverse, ingiuste. Rassegnarsi è sentirsi sconfitte in partenza, prive di potere. È l’appiattimento della dimensione temporale dell’esistenza, perché nella nostra percezione il futuro sarà uguale al presente, che è uguale al passato. Quando ci rassegniamo, proviamo pena per noi e per la nostra vita. Allo stesso tempo, sviluppiamo un senso di vittimismo che avvelena il nostro essere e si trasforma in rabbia verso l’esterno, verso le persone che ci appaiono più fortunate di noi, verso il fato che ci ha costrette in una situazione che avvertiamo come una prigione. La rassegnazione è statica, ci chiude, ci indurisce.

Accettazione

Accettare è vedere le cose per come sono, senza pregiudizi. Prendere atto della realtà per come essa è. E da lì ripartire. Da lì ricostruire. Da lì migliorare. Da lì cambiare. Accettare implica avere una notevole consapevolezza di sé: conoscere i propri limiti e decidere comunque di non lasciarsi limitare. L’accettazione è il presupposto per il cambiamento: se voglio cambiare, devo partire dal punto in cui sono. Quando accetto la realtà in tutti i suoi aspetti, posso rivolgere il mio sguardo altrove, chiedermi su cosa voglio lavorare e fare progetti per il futuro, per un futuro che decido io perché ne determino la direzione. L’accettazione è dinamica, ci apre, ci gonfia il petto di possibilità.

La terza via: scegliere una parola che per me faccia la differenza

Quindi sì, c’è una differenza abissale tra i concetti di rassegnazione e accettazione. Però conoscere la differenza teorica mi aiuta poco. Se nel mio lessico personale i due termini sono sinonimi; se, pensando all’idea di accettare le situazioni, la mia mente fugge a gambe levate ribellandosi a farsi rinchiudere in una prigione; se leggendo la preghiera della serenità mi viene l’orticaria e il mio spirito indomito inizia a riempirsi di bolle, allora c’è bisogno di un concetto nuovo, che possa superare una dicotomia che percepisco come sinonimia. Insomma, mi serve una parola nuova che mi aiuti a superare i miei pre-concetti, che mi renda capace di accettare l’accettazione nel mio sistema di pensiero e di distinguerla dalla rassegnazione.

La mia proposta: embrace

Embrace è un verbo della lingua inglese che significa accogliere qualcuno o qualcosa a braccia aperte, accettare completamente, supportare, credere in ciò che abbiamo di fronte. Embrace è l’abbraccio avvolgente nei confronti nostri e degli altri. È l’atto senza riserve di includere e integrare. È riconoscere il valore pur in presenza di limiti “oggettivi”. È la capacità di perdonarsi, sentirsi, amarsi senza filtri. È perdersi nel calore di quell’abbraccio universale che sa di possibilità e cambiamento.

E quindi embrace:

  • quando fai uno sbaglio
  • quando tutto va storto
  • quando ricevi un rifiuto
  • quando qualcuno ti fa un torto
  • quando ti senti sbagliata, rotta, sconfitta
  • quando qualcuno ti delude
  • quando sei tu a deludere qualcuno che ami
  • quando non riesci a tenere il passo
  • quando gli altri sono più bravi di te
  • quando tutto sembra perduto
  • quando chi ami decide che può rinunciare a te
  • quando la sofferenza è tutto ciò che puoi sentire
  • quando in un rapporto non c’è spazio per te
  • quando ti manca il respiro

Ricordati di embrace.

E le cose che non posso cambiare?

Quante cose non posso cambiare! A volte perché sono più grandi di me. A volte perché dipendono da qualcun altro e quindi io non ho voce in capitolo. A volte perché sono come sono, come il fatto che ho gli occhi marroni o che fuori piove. Ciò che non posso cambiare è ciò su cui non ho alcun controllo. Embrace mi aiuta anche in questi casi: quando guardo agli eventi e alle persone con il desiderio di “abbracciarle”, mi libero del fardello di voler cambiare ciò che non posso controllare. Al tempo stesso, mi riconosco il potere di focalizzarmi sugli aspetti che sono sotto il mio controllo per dare il mio contributo positivo. La serenità di accettare le cose che non posso cambiare deriva dalla capacità di lasciar andare, di far cadere inutili resistenze. Dal concedermi la libertà di provare tutte le emozioni che emergono senza lasciarmene sovrastare e sentendo che sono più forte, che posso coesistere anche con ciò che non posso cambiare. E che comunque ciò che non posso cambiare non mi definisce e non limita la mia libertà d’azione.

La prossima volta che ti troverai ad affrontare una situazione per te spinosa, chiediti: posso cambiarla?

  • : tira fuori il coraggio e metti in atto il cambiamento.
  • No: embrace e inizia una sana e consapevole convivenza.
  • Non lo so: affidati alla tua saggezza innata. Nel dubbio e nel frattempo, embrace. Sempre.

E tu cosa ne pensi? Riesci a distinguere la differenza tra rassegnazione e accettazione? Quale parola useresti tu per esprimere al meglio il concetto di accettazione? Lasciami un commento oppure scrivimi all’indirizzo ciao@giovannamartiniello.it. Vuoi parlarne vis-à-vis? Prenota la discovery call del percorso Contengo moltitudini. Ti aspetto!

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