Maledetta primavera

Hai presente quel momento dell’anno in cui inizia a far caldo, gli uccellini cinguettano in modo più fragoroso del solito ed è tutto un tripudio di fiori coloratissimi e profumatissimi? È chiamato   primavera e, per la maggior parte delle persone, è un periodo di rinnovamento, di giubilo, di cuori in sollucchero e picnic all’aria aperta. Non per me. E non solo perché per me primavera significa pollini à gogo e relativa asma allergica, ma perché ogni anno mi trovo impreparata. Non sono pronta a togliermi di dosso il tepore rassicurante di cappotti e maglioni per far spazio ad abiti più leggeri. Non sono pronta al senso di sonnolenza perpetua che accompagna le mie giornate minandone la produttività. Non sono pronta a uscire dal bozzolo del mio inverno interiore, fatto di riflessioni introspettive, per scoprire la pancia, da un giorno all’altro, a pensieri più arditi e colorati.

Ti capita mai di vivere come uno scollamento tra la persona che vorresti essere e quella che pensi dovresti essere, tra il dentro e il fuori? La primavera mi fa quest’effetto: so che dovrei seguire la tendenza generale al risveglio dopo il periodo di latenza, cavalcare l’onda del clima diffuso di estroversione cosmica, e invece vorrei solo trasferirmi nell’emisfero australe e godermi ancora un po’ di sano inverno. L’etimologia del lemma primavera indica il primo periodo dell’anno che è splendente e pieno di ardore e forse è proprio quest’aspetto dello splendore che trovo respingente. È come se la primavera mi ponesse di fronte a un dato di fatto, un sillogismo: siccome non splendo e non ardo come sembra facciano tutti gli altri, siccome non principio nuove attività, allora vuol dire che non vado bene come sono.

Una parabola buddista afferma che “l’inverno si trasforma sempre in primavera”. Sembra un concetto talmente ovvio che, all’inizio, facevo fatica a comprenderne la morale, il messaggio che voleva comunicarmi. Che l’inverno si trasforma sempre in primavera è un fatto, un assioma, una verità inconfutabile (almeno fino a quando i cambiamenti climatici non comprometteranno del tutto il susseguirsi delle stagioni). In quanto tale, dà conforto. In senso figurato indica che, dopo un periodo buio, arriva sempre — sempre e comunque — una rinascita. Anche se sembra che vada tutto male, quella verità è come la luce in fondo al tunnel, è insieme la promessa e la certezza che domani starò meglio, non importa quanto profondo sia il mio malessere oggi. Non solo. Mi insegna anche che, per quanto io voglia oppormi al cambiamento, all’arrivo della stagione calda e soleggiata, le mie resistenze sono inutili: la primavera arriverà, che io sia pronta o meno.

E allora, come faccio ad affrontare un cambiamento per il quale non mi sento preparata? Come faccio a immergermi nella primavera se il mio istinto di sopravvivenza è ancora in fase letargica?

  • Uso la strategia dei piccoli passi. Ci vado, cioè, per gradi. Il primo giorno me ne resto chiusa in casa la maggior parte del tempo. Poi, nelle ore più fresche mi faccio un giro fuori, annuso l’aria, comincio ad acclimatarmi. E bada che sto parlando in senso letterale e metaforico.
  • Stabilisco dei compromessi. Decido quali attività posso tollerare e quelle a cui proprio non
    voglio acconsentire. Ad esempio, mi va bene fare una passeggiata al parco con Athena, anche se ci sono tante persone
    intorno, ma preferisco farmi torturare piuttosto che andare in giro con i sandali e i piedi scoperti.
  • Mi creo la mia bolla di sopravvivenza minima. Se non posso evitare di partecipare del clima condiviso di positività e ottimismo mentre sono ancora in una fase di chiusura, faccio in modo di avere uno “sfiatatoio” in cui svaporare il mio senso di disagio. Può essere un luogo reale, quindi un rifugio vero e proprio in cui trovare riparo e tregua quando ne ho bisogno, oppure un luogo della mente. In questo secondo caso, la meditazione e la respirazione profonda possono aiutare tantissimo ad astrarsi.

Queste semplici tecniche possono essere applicate con soddisfazione a tutte le situazioni in cui, per diversi motivi, non ti senti preparata oppure ti senti a disagio. Sono un kit di pronto soccorso, da usare in modo rapido e circostanziato. Se la situazione che provoca il senso di malessere è prolungata nel tempo, è utile compiere un percorso per imparare ad affrontarne le criticità.
Un percorso, cioè, che ti renda consapevole delle tue reazioni a determinate sollecitazioni, per imparare a disinnescarle o contenerle. Io mi trovo ad accogliere di malavoglia la primavera anno dopo anno. Ho compreso cosa stona e perché, e la mia capacità di reazione ha assunto tempi più brevi. L’inverno si trasforma sempre in primavera, i cambiamenti — climatici e non — sono inevitabili.
Tanto vale imparare a conoscersi e a valutare quali risorse possiamo mettere in campo, non solo per la mera sopravvivenza ma per godersi con soddisfazione ogni periodo.

E tu come reagisci alla primavera e/o ai cambiamenti imprevisti? Scrivimi all’indirizzo ciao@giovannamartiniello.it. Ti aspetto!

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